WhatsApp è una delle applicazioni di messaggistica istantanea più utilizzate al mondo e, proprio per questo, è anche quella che più tra tutte comporta una serie di problematiche che riguardano la tutela della privacy. Un datore di lavoro che sospetti attività illecite da parte di un collaboratore, un coniuge che ritiene di essere tradito, un imprenditore che cerca prove di comportamenti scorretti da un socio in affari…
Ma anche vendite illecite, profili fake, diffusione illegale di materiale privato, porn-revenge e molto altro ancora sono soli alcuni dei tantissimi casi che ruotano attorno al desiderio di procedere con intercettazioni su WhatsApp. Oggi siamo qui per rispondere ad una domanda molto comune e che riscuote vivo interesse da parte delle persone: l’uso di questa piattaforma è lecito in materia di investigazioni private?
Cosa dice la legge in Italia in materia di intercettazioni?
Prima di iniziare a discutere se sia lecito intercettare WhatsApp è importante fare una breve premessa circa la legge italiana. Nel nostro Paese l’intercettazione è definita come un mezzo di ricerca della prova, che consiste nell’ascoltare e registrare una conversazione che avviene tra soggetti terzi, senza che questi sappiano nulla. La captazione, invece, è la registrazione di una conversazione tra due persone per la quale entrambe le parti sono consenzienti.
La Costituzione Italiana stabilisce che la libertà e la segretezza della corrispondenza, e di ogni altra forma di comunicazione, sono inviolabili, fatta eccezione nel caso in cui vi sia una disposizione da parte di un’autorità giudiziaria. Ciò significa che le intercettazioni devono essere autorizzate da un giudice e svolte solo per motivi di indagine giudiziaria.
Quindi l’investigatore privato può intercettare WhatsApp?
No, l’investigatore privato non può intercettare WhatsApp. L’intercettazione delle conversazioni WhatsApp è un’attività riservata solo alle autorità giudiziarie, autorizzata da un giudice e condotta da personale specializzato.
Ci sono però alcune eccezioni per le quali l’investigatore privato potrebbe accedere a informazioni presenti su WhatsApp. Ad esempio, se il titolare dell’account WhatsApp ha condiviso volontariamente informazioni con l’investigatore, quest’ultimo potrebbe utilizzarle nel corso delle sue indagini.
Oppure se l’investigatore ritiene che il titolare dell’account WhatsApp stia commettendo un reato, potrebbe ottenere un mandato di perquisizione che gli consenta di sequestrare il dispositivo mobile su cui sono presenti le conversazioni WhatsApp. Il punto è che queste situazioni sono rare e che, nella maggioranza dei casi, le conversazioni private devono restare private.
Per questo è importante ricordare che l’investigatore privato deve sempre operare nel rispetto della legge e delle norme in materia di privacy. Utilizzare informazioni ottenute illegalmente, ad esempio mediante l’intercettazione delle conversazioni WhatsApp senza l’autorizzazione della magistratura, potrebbe comportare gravi conseguenze legali sia per l’investigatore che per il committente dell’indagine. Va da sé che è sempre consigliabile affidarsi ad un professionista del settore, che operi nel pieno rispetto della legge e che sia autorizzato dal Prefetto ad esercitare questa professione.
Nel caso di tradimento coniugale le chat sono una prova valida in tribunale?
Nel caso di infedeltà coniugale l’investigatore non si attiverà per spiare conversazioni private, ma per produrre dossier di prova da portare dinanzi ad un giudice in qualità di testimone. La prova del tradimento, quindi, non riguarda ciò che il coniuge infedele scrive o comunica ad altre persone ma ciò che compie al di fuori del matrimonio.
In caso di indagini sul tradimento coniugale le chat di WhatsApp potrebbero rappresentare una prova valida in tribunale solo se ottenute in modo legale e solo attraverso l’autorizzazione di un giudice.